Il linguaggio extracontemporaneo pone l’attenzione sull’azzeramento dei concetti tradizionali in favore di un concetto nuovo di arte, architettura e design. La fluidità del linguaggio mutevole e disarticolato crea sempre soluzioni nuove ed alternative alla ricerca di un sistema spazio-tempo in continuo mutamento. Alla base c’è l’utopia del grado zero che si caratterizza come una vera e propria liberazione del linguaggio, qualsiasi esso sia, dalle sue strutture fisse, dalle forme che ieri erano della logica di sistema. “Roland Barthes individuava nel suo grado zero della scrittura il progressivo indebolimento della letteratura come sistema di riferimento unico per lo scrittore ed emblema e celebrazione del potere costituito, dischiudendo un orizzonte verso una scrittura bianca, amodale, basica vicina al linguaggio della gente comune, ovvero uno scrittore senza letteratura. Il grado zero è un linguaggio deaggettivato, amodale in cui ogni elemento stilistico, connotativo, esornativo, estetizzante è asciugato: cioè un linguaggio che cerca in ogni modo di evitare di cascare nella trappola del bello. Si tratta, ovviamente, di un’idea limite perché, di fatto, pone un obiettivo irraggiungibile, essendo impossibile fare tabula rasa di precetti e convenzioni”.

Il linguaggio extracontemporaneo oggi si ritrova a fare i conti con quello che voglio chiamare “riappropriazione del landscape“, l’intervento antropico dell’uomo si è fermato e la natura armonica si ritrova a riprendere i suoi spazi sottratti.

L’evoluzione dell’utopia _ Il linguaggio EXTRACONTEMPORANEO

Se tali precetti e le convinzioni sono ineliminabili, tout court, si può però pensare a un subentro di linguaggi diversi, precostituiti e dotati di logica ed equilibrio propri. Il linguaggio e la logica che l’uomo si è dato in architettura vengono negati e sostituiti da una logica non antropizzata già esistente, quella della natura con i suoi equilibri e schemi che l’uomo non può controllare. Il linguaggio della natura è globale e allo stesso tempo caratteristico per ogni paese, univoco e dotato di un’unica matrice espressiva, ma declinato in maniera differente in ogni parte della terra.  Tale codice extracontemporaneo, connesso alla salvaguardia del paesaggio, permette di rintracciare anche nella città un nuovo modello di crescita urbana.

Il linguaggio della natura è libero non controllabile, FLUIDO:

nell’ARTE: Il linguaggio non segue determinati schemi precostituiti, l’opera d’arte diventa fluida nello spazio e nel tempo.

nel DESIGN: Il linguaggio segue una logica diversa da quella attuale. L’oggetto di design segue la logica del pezzo unico e non di quello fatto in serie. La fluidità dell’oggetto e dello spazio diventano incontrollabili nelle diverse direzioni e si modificano senza punti di riferimento ricreando uno spazio sempre mutevole. Il mondo del Design ritorna ad essere contaminato e non rimane indifferente a quello che lo circonda e alle stimolazioni esterne.

in ARCHITETTURA: A fronte di un’analisi sulla condizione contemporanea dell’architettura, alla luce del linguaggio e delle sue sgrammaticature e disarticolazioni lessicali, sia minimaliste che decostruttiviste, provo a trovare una soluzione condivisa di linguaggio. Un linguaggio che spesso si rivela come atto eversivo di rottura, anche tramite la sua estrema banalità, sotto la spinta delle mutate condizioni socio-politiche e culturali che, da un lato, derivano dalla crisi d’identità dell’individuo, il quale non si riconosce più in un sistema di valori ampiamente riconosciuti, quali furono i movimenti ideologici in cui l’uomo trovava la sua ragion d’essere, e dall’altro lato, in maniera opposta e speculare, derivano dall’assenza di valori che aprono l’architetto verso una dimensione che è, al tempo stesso, estremamente libera e creativa e terribilmente incerta e confusa. La tesi qui sostenuta tende a mettere in rilievo come il declino dell’architettura tipologica, del suo sapere strutturato e codificato da una letteratura architettonica che aveva posto il progetto quale centralità indiscussa, dischiuda l’orizzonte ad un’architettura nella quale gli edifici tendono ad offrirsi quali dispositivi naturali di funzione e aspetto programmatico, all’interno di una logica fatta di equilibri che prescindono dalla logica umana. Un nuovo urbanesimo prenderà il sopravvento bisognerà fare i conti con un nuovo modo di pianificare la riorganizzazione delle città.